21 ottobre 2002

stamattina alle 7.58 il mio gatto mino è morto. l'ho preso io dalla cesta e seppellito. non c'è ironia che saprà mai cancellarmi dalla mente l'immagine del mio compagno di 11 anni che finiva in un sacco di plastica.
ha visto il mio diploma, il mio fidanzamento, la mia laurea, le mie vacanze, le mie foto. era lui ad aspettarmi sul cancello al venerdì, conscio che stavo per tornare. era lui a miagolare alle 7 di mattina perchè mi alzassi. era lui che mi si raggomitolava sulle ginocchia quando non voleva uscire. era lui che giocava con il mouse credendolo un topo vero, lui che saltava sui tasti del portatile staccandomi sempre la "I". era lui che guardava la tv. era lui che mi teneva ferme le pagine dei libri quando studiavo. era lui che abbracciavo quando piangevo. era lui che se ne andava a caccia di topi e piccioni per dimostrarmi che era un felino vero. era lui che amava la nostra casa al punto da non allontanarsene mai. era lui che tornava infangato strusciandosi addosso ai miei panni puliti. era lui che seguiva mia mamma in macelleria. era lui attraversava la strada sulle strisce. era lui che faceva il duro ma coccolava e proteggeva i suoi fratelli. era lui che se la pigliava anche coi cani se osavano entrare nel suo territorio. era lui che dormiva sul tetto per vedermi arrivare. era lui che miagolava davanti alla porta se doveva uscire a fare pipì. era lui che si nascondeva tra le mie maglie nere per mimetizzarsi e non essere trovato. era lui che non sopportava di essere malato e si toglieva le flebo. era lui che mi morsicava le caviglie se non gli davo i bocconcini. era lui che voleva solo pollo. era lui un vero gatto emiliano, che adorava i cappelletti. era lui che pretendeva il suo angolino sul divano. era lui a tenere il fiocco rosso che gli mettevo per natale. era lui il gatto che mi mancava quando partivo. lui il primo che volevo abbracciare quando tornavo. era lui il fratello che non posso avere. era lui che mi aspettava alzato quando rientravo la notte. era lui quello a cui davo sempre la razione più grande. era lui che sapeva che gli volevo bene. è quello per cui sto piangendo ora. e non c'è battisti che lo sappia spiegare o lenire. non c'è frase che possa rendere l'idea di cos'era per me quel ciuffo di pelo invecchiato e scolorito che sapeva di angora e cachemere. non c'era tocco più delicato che sentire le sue zampe sulla pancia quando mi saltava addosso all'improvviso. l'ho preso io, stamattina. è morto facendo le fusa perché lo stavo accarezzando. almeno so che è morto convinto che la mattina dopo gli avrei preparato una pappa speciale. solo per lui.

PER UNA VOLTA, LASCIO CHE INTERVENGA AUDEN.

Fermate tutti gli orologi
isolate il telefono
fate tacere il cane con un osso succulento.
Chiudete i pianoforti
e tra un rullio smorzato,
portate fuori il feretro.
Si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani, lamentosi, lassù
e scrivano sul cielo il messaggio:

Lui è morto.

Allacciate nastri di crespo
al collo bianco dei piccioni.
I vigili si mettano
guanti di tela nera.

Lui era il mio nord, il mio sud,
il mio est e ovest,
la mia settimana di lavoro
e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte,
la mia lingua, il mio canto.

Pensavo che l'amore fosse eterno
e avevo torto.

Non servono più le stelle,
spegnetele anche tutte,
imballate la luna,
smontate pure il sole,
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco
perché ormai più nulla può giovare.

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